Chissà che cosa pensò Clint Eastwood, quando la giuria da lui presieduta premiò Pulp Fiction con la Palma d’oro al festival di Cannes nel 1994. In seguito, Eastwood e Quentin Tarantino non sembrano essersi incrociati spesso; in Cinema Speculation Tarantino discute lungamente di due film con Eastwood – Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo! Fuga da Alcatraz di Don Siegel– ma parla poco di Eastwood attore. In realtà Clint e Quentin sembrano esistere in due universi distinti: secondo la vulgata mediatica, da una parte ci sarebbe l’ultimo dei classici, l’erede di John Ford eccetera; dall’altra il ludico pasticheur citazionista, il cinefilo bulimico, il fondatore del cinema postmoderno. Due caratterizzazioni molto parziali. Perché Eastwood è ben radicato in una tradizione modernista, e non è poi così classico; mentre Tarantino è meno postmoderno di quel che sembra, e del postmoderno – inteso come estetica del saccheggio e citazionismo selvaggio – non è certo il padre. Al massimo ne è un figlio, probabilmente degenere. Certo è che in quel maggio del 1994 sembrava avvenire un passaggio di consegne tra il vecchio e il nuovo. Un vecchio che pareva magnanimo (o rassegnato?). E un nuovo che d’un tratto esplodeva e travolgeva tutto. Ma in senso più profondo di quello che si è sempre detto sui media.

Pulp Fiction era il secondo film di Tarantino, dopo che il primo – Le iene (Reservoir Dogs, 1992) – era stato visto solo dai cinefili, ma anche dai produttori più furbi di Hollywood: creando grandi aspettative nei primi e fiducia nei secondi (tanto da affidare al giovane regista un budget decente, anche se non stratosferico, con tante star di prima grandezza). Ma nessuno poteva prevedere che con Pulp Fiction succedessero due cose epocali. Da una parte un regista per critici diventava un regista di massa, inaugurando un culto prolungato che nel corso dei decenni ha alimentato un flusso inarrestabile di citazioni, modi di dire, parodie, emulazioni, copie, meme… Pulp Fiction si è radicato nell’immaginario collettivo più di qualunque Matrix Batman: ma questo senza che Tarantino si annacquasse o venisse a compromessi col sistema. Più è diventato Autore, e più è diventato popolare.

Pulp Fiction mostrava che non c’era più differenza tra arte elitaria e cinema per il grande pubblico: piacesse o no, per capire cos’era l’estetica contemporanea bisognava vedere un film dove due killer parlano di hamburger prima di andare ad ammazzare la gente

Al tempo stesso, Pulp Fiction fu forse il primo film mainstream che accademici e filosofi strappavano ai critici, producendo una mole impressionante di saggi, facendone un oggetto di studio apparentemente inesauribile e un banco di prova di teorie sofisticate.

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