Per chi lavora coi libri è interessante confrontarsi con Storia di mia vita (Sellerio) di Janek Gorczyca, senza fissa dimora polacco che abita a Roma da una trentina d’anni. Un esordio in lingua italiana di cui si è detto nel giro di poche settimane, in ordine sparso fra pareri social di addetti ai lavori: “folgorante”, “che lezione”, “pura grazia di Dio”, “libro profondamente politico”, “intelligenza tagliente”, “prodigio”, “forza narrativa incredibile”. A maggior ragione qualora, in cerca di giudizi con qualche grado di argomentazione in più, magari battendo gli spazi una volta destinati alla riflessione critica, si constati invece un raddoppio di entusiasmo autorevole, senza analisi: «lingua incredibile, essenziale, scorretta ma vivissima e trascinata da un ritmo unico» («Huffington Post»), «un libro travolgente, che rimane incollato ai pensieri» (Annalena Benini sul «Foglio»), «l’esordio più bello di questa stagione» (Crocifisso Dentello sul «Fatto Quotidiano»), «sbalorditivo» per la sua «dignità letteraria» (Lorenzo Camerini su «Rivista Studio»). Pochissimi esordienti sarebbero all’altezza di queste presentazioni, alla prova del testo. Esercitiamo allora questa prova su Storia di mia vita.

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