«Il titolo del primo dei suoi “poemi metafisici”, Épître à Storge, basterebbe come esempio della intenzionale ambiguità di O.W.M. Possiamo indovinare chi è Storge? Sembra una donna, la compagna distesa accanto a lui su una spiaggia dell’oceano, alla quale l’autore si rivolge. Ma veniamo presto a sapere che Storge è un androgino e che non lo si può considerare un essere vivente. Bisogna conoscere Swedenborg, per ricordarsi che storge, in greco “amore protettivo”, sia materno che paterno, significa per O.W.M. l’amore che egli prova per gli esseri umani, quello che presiede al suo agire e alla sua opera di scrittore». Il presente passo, tratto da La terra di Ulro, avvincente saggio del poeta polacco Czesław Miłosz, vincitore del Nobel nel 1980, si riferisce a un lontano cugino di ascendenze lituane ma naturalizzato francese. 

Nato a Cereja nel 1877, nel cuore della Bielorussia, Oskar Władysław Miłosz, a partire dal 1931, data in cui ottenne la cittadinanza francese, assunse il nome di Oscar Vladislas de Lubicz-Milosz, firmandosi con le sole iniziali: O.V. de L. Milosz. Milosz era un poliglotta che aveva dimestichezza con parecchie lingue, tra cui inglese, italiano, polacco (sua lingua madre), russo, tedesco, oltre ad aver compiuto studi di epigrafia ebraica e assira con Eugène Legrain, insigne esegeta biblico. Nel 1919 divenne diplomatico della Repubblica di Lituania a Parigi, dove si era trasferito nel 1899. Fu sempre fiero di tale lignaggio, tanto da raccogliere in una svariata serie di contributi le antiche tradizioni di quella nazione, compresi i canti popolari, chiamati daïnos:

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