Lo scorso  marzo la notizia della scomparsa di Akira Toriyama all’età di sessantotto anni ha scosso almeno tre generazioni di lettori e telespettatori: adolescenti, trentenni, quarantenni e persino cinquantenni hanno inondato per qualche giorno i social network di omaggi al grande mangaka. I suoi personaggi e le sue storie hanno avuto non solo una massiccia influenza sui fumettisti giapponesi della generazione successiva ma anche un enorme impatto sulla cultura mainstream. Per fare questo gli sono bastate due sole opere: il divertentissimo Dr. Slump e Arale seguito dalla serie che lo ha consacrato come una star mondiale, Dragon Ball.

Per realizzarla, Toriyama s’ispirò a un antico classico della letteratura cinese noto in Italia con diversi titoli tra cui Il viaggio in Occidente e Lo scimmiotto. Il romanzo, risalente al XVI secolo e attribuito allo scrittore Wú Chéng’ēn, racconta le bizzarre avventure di un monaco buddhista in viaggio verso l’India con alcuni amici, tra cui un maiale e un demone. Toriyama riprese il tema del viaggio e alcuni elementi curiosi, tra cui gli animali antropomorfi, trasformando il protagonista in un bambino guerriero, il simpaticissimo Goku, impegnato nella ricerca delle sette magiche sfere del drago, riunite le quali è possibile esaudire qualsiasi desiderio. 

Fu un decennio in cui, sia sulla Rai che sulle molteplici e neonate reti private, approdarono personaggi destinati a fare epoca, come Mazinga ZHeidiI cavalieri dello ZodiacoKen il guerriero e tantissimi altri

Della sapiente costruzione degli archi narrativi e dell’ottima caratterizzazione dei personaggi si è già parlato in modo esauriente altrove. Vorremmo invece riflettere su una peculiarità più squisitamente socio-culturale legata a Dragon Ball e in particolare alla serie animata tratta dal manga. Per farlo però è necessario un rapido inquadramento storico sulla diffusione degli anime – o, come li si chiamava all’epoca, “cartoni giapponesi” – nell’appena demonopolizzata televisione italiana a partire dalla fine degli anni Settanta.

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