La casa è un luogo comune, come le vite degli altri 
quando le guardi da lontano. È ancora un luogo 
adatto a questi uomini, l’incubo delle scale 
per andare in bagno, il cambio di stagione nell’armadio
sorridere quando la donna apre la porta e fischia
e sotto, nel salone, sulla poltrona di pelle c’è qualcuno. 
Vedere nel posto vuoto a tavola com’è fatto il tempo 
e dentro le persone, quello che è stato
il loro destino, avere un destino.

Nel sogno partecipa a uno spettacolo, con la mano 
deve colpire un palloncino, spedirlo sul lato opposto 
oltre la fine del palco mentre un avversario 
che gli si muove di fronte fa lo stesso. Quando la tocca
la sfera attraversa velocemente un tratto d’aria
poi cambia direzione all’improvviso rallenta 
a volte torna indietro. L’uomo è tranquillo, conosce la trama 
e quindi si diverte. All’ennesimo colpo il palloncino 
supera l’avversario, cade nel vuoto che incombe 
oltre la fine del palco, un abisso quasi nero dove correndo 
si getta anche lui, come una svolta inattesa nell’intreccio. 
L’abisso ha un fondo, la schiena ci sbatte e si spezza
ma lui sopravvive. Il sogno prosegue diventa 
falso, vede persone giovani e sorridenti che nella realtà
sono molto vecchie, hanno il corpo pieno
di qualche malattia o sono morte. Adesso inzuppa
nel latte di soia i biscotti, come un atto di indulgenza 
verso sé stesso, e per questo si odia.

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Quando ha visto per la prima volta una persona morire aveva vent’anni
il respiro sempre più breve dal corpo appiattito sotto il lenzuolo bianco 
di un ospedale, nella sedia accanto un altro uomo in silenzio
quanta pioggia in aprile un temporale forte nel parcheggio e senza pause 
stava leggendo un libro che adesso non ricorda 
la morte accadeva oltre le pagine.

Ha ingrandito la fototessera per farne sul comodino un’immagine da cornice
avrà avuto sei anni nel loggiato della piazza dopo la visita dal pediatra
un testicolo sceso a metà nella sacca, la guarda sulle ginocchia abbracciare il figlio
aveva litigato con suo padre quel pomeriggio, era normale al tempo dentro la cabina
con la tenda rossa chiusa. Da un pianeta attorno a Vega l’alieno oggi li vedrebbe
sorridere assieme, che pensiero semplice fa male alle labbra
sembrano due pezzi di una stessa figura ma non lo sono.

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Quando vedeva da piccolo la gente chiudere le finestre
tirare le tende nelle case l’uomo provava disagio
ma adesso capisce i propri simili e i più vecchi 
avere paura e l’idea della paura. Cosa c’è da ridere
è stata un’educazione importante come la tenda chiusa
ha appreso molte nozioni sull’universo in termini fisici 
e morali nelle aule della scuola gli eventi che determinano 
la nascita il corso di una società, i possibili ruoli
di un individuo al suo interno. C’è il viso di una donna 
da dove entra la luce che adesso lo illumina
tiene la mano dell’uomo per la prima volta 
in questa storia lo aiuta a salire le scale ripete 
non ti lascio cadere e lui vorrebbe, forse c’è tempo 
per ridere nelle loro mani prima del tempo della paura.

Da sotto il tavolo guardava le pareti tremare, la statua 
di una donna che regge sulla testa un vaso caduta 
dalla mensola ha lasciato un buco nel pavimento di legno
in giardino hanno potuto anche ridere nei pigiami 
pensando alla scena vista da fuori. Forse è il ricordo 
di un viaggio, quanto caldo per essere pieno inverno
a volte le case crollano, è stata una forma di onestà 
nel corpo dell’uomo la malattia. L’abitudine 
a cercare le parole ha reso il loro tempo più sottile
la sera stessa si sono ritrovati con la faccia nel brodo 
come uomini sopra il tavolo 
emergevano per dirsi qualcosa da un vuoto
apparecchiato da qualcuno.

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